giovedì 31 gennaio 2013

La chiave di Sara - Gilles Paquet-Brenner




Sarah è una bambina ebrea parigina che, il 15 luglio 1942, diviene vittima con la sua famiglia del rastrellamento avvenuto per mano dei francesi.
Julia è una giornalista dei nostri anni che si sta per trasferire in un nuovo appartamento e deve scrivere un articolo per la memoria, facendo ricerche sul rastrellamento ed il Velodromo d’Inverno, luogo dove gli ebrei vennero rinchiusi il 15 ed il 16 luglio 1942 in pessime condizioni, prima di venire deportati.
Sarah chiuse il fratellino più piccolo nell’armadio perché non venisse trovato, promettendogli che sarebbe tornata presto.
Julia scopre che l’appartamento dove sta per andare ad abitare è quello dove vivevano gli Starzynski, la famiglia di Sarah.
E così, tra presente e passato, viene svelata la storia di Sarah che, nel bene e nel male, s’intreccia con la vita di Julia.

Film tratto dall'omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay, è l’ultimo film uscito che tratta della persecuzione ebraica durante la seconda guerra mondiale.  Non saprei perché il titolo è stato tradotto con “Sara”, dato che sarebbe più corretto “Sarah”, essendo questo il nome originale della bimba.
Ne ho visti tanti, di film sulla Shoah e sulle barbarie avvenute durante la Seconda Guerra Mondiale. Ed ognuno di essi mi lascia qualcosa, mi scava dentro.
Forse poiché è l’ultimo che ho visto, oltre che l’ultimo uscito, ma questo film mi è veramente piaciuto e lo trovo tra i più belli sull’argomento. Posso assicurarvi che almeno in un punto anche coloro con il cuore più duro potrebbero non riuscire a trattenere la lacrimuccia, come visto di persona in sala.
È in qualche modo un punto di vista diverso sulla vicenda: gli occhi di una bambina travolta dagli eventi, che non capisce cosa succede, ossessionata unicamente dall’idea di dover tornare al più presto dal fratello; e gli occhi di una giornalista sensibile, con il senno di poi, profondamente turbata dagli avvenimenti ed incredula che tutto ciò possa essere accaduto. E a dispetto del periodo in cui si concentra la maggior parte della trama, la tragedia della deportazione sembra quasi solo uno sfondo rispetto agli eventi della pellicola, uno sfondo disturbante e persistente, che comunque non nega né la violenza né, in qualche modo, la gentilezza.
Un intreccio ben riuscito che lascia poco da dire, ma molto da vedere. Un film non molto lungo, tra l’altro, che non si fa mai sentire pesante.
Lo consiglio a tutti, soprattutto in questi giorni dove la Memoria è più viva.
Perché come ho sentito dire in tv: “la Giornata della Memoria non va sacralizzata, altrimenti perde di significato. Va ricordata e narrata”.

Il libro non l’ho letto, fino a quando non ho visto il film non sapevo ci fosse. Qualcun altro di voi ha qualcosa da aggiungere sul film o proprio sul libro?

2 commenti: