mercoledì 9 gennaio 2013

Il Cigno Nero - Darren Aronofsky



Nina, giovane danzatrice di New York, è di fronte alla possibilità della sua vita: essere la prima ballerina, la regina dei cigni, nello spettacolo “Il lago dei cigni”. E’ una parte che vorrebbero tutte e lei è perfetta per il ruolo del cigno bianco, la povera fanciulla vittima dell’incantesimo che la trasforma. Ma in lei sembra mancare il cigno nero, la gemella cattiva del cigno bianco, la sua metamorfosi, indispensabile per lo svolgersi della vicenda. Nina è controllata e pura come deve essere per il cigno bianco, senza però sapersi abbandonare alle emozioni come dovrebbe essere per la sua controparte. Ma per ottenere il ruolo è necessario che si rivelino entrambi in lei e nel suo modo di ballare. Ed infatti ambedue vi sono, ma quello nero è nascosto: deve imparare quindi a percepire il male che lo domina e saperlo estrarre, per renderne una rappresentazione ideale, per essere realmente perfetta.
Per la protagonista tutto ciò non è semplice: aveva sempre ricercato la perfezione nell’autocontrollo e in una rigida disciplina. Ma il suo maestro di danza, Thomas Leroy, le fa notare che l’essere perfetta non è solo il sapersi controllare. Infatti le dirà “la perfezione non è solo un problema di controllo,è necessario metterci il cuore”. Da quel preciso istante, comincerà per lei un’incredibile, quanto angosciante, viaggio all’inseguimento delle sensazioni che ha sempre represso.
Questa ricerca porterà Nina in una lotta personale, psicologica, che la destabilizzerà fino ad avere delle allucinazioni, nelle quali avranno un ruolo fondamentale il suo maestro e un’altra ragazza, Lily, colei che sarebbe perfetta per interpretare il cigno nero e che diventa la principale rivale di Nina. Un duro cammino che la porterà a un cambiamento radicale, in una strana atmosfera quasi horror, amplificata dalla tensione.
Tutto ciò porta ad una pellicola sensuale, con un chiaro sfondo erotico, l’espressione massima del proprio abbandono alle proprie passioni, un nitido esempio di vitalità, che sarà la chiave che guida Nina a scoprire il proprio cigno nero. Quest’ultimo, per l’appunto, deve saper stregare e sedurre.
E’ così che il regista, Darren Aronofsky , attraverso il faticoso mondo del balletto, già spesso usato come allegoria della vita attraverso la sua durezza, l’ambizione, le paure, i successi e le sfide, ci propone anche una visione interiore, allegoria del bene e del male dentro ognuno di noi, seguendo in parallelo uno dei più famosi balletti. Mostra la mutazione che può avvenire (in questo caso, che dovrebber avvenire)in una persona e mostra anche l’ossessione di cui si può cader vittime. E lo fa con la fluidità e la laboriosità proprie della danza, usando la stessa arte cinematografica come allegoria del ballo. Questo crea una storia che in alcuni tratti può essere forse un po’ difficoltosa da seguire, come alla fine lo è farlo con i cambiamenti del nostro animo ed i confusi pensieri che ne derivano, ma in realtà è una lotta che potrebbe capitare a ciascuno quando meno se lo aspetta. La serietà e la profondità di questo passaggio pervade l’intera vicenda, rischiando di turbare gli spettatori più sensibili.
L’abilità di Aronofsky è indubbia con il suo essere capace di far sentire come vivi e nostri i problemi di Nina, lavoro facilitato da un’incredibile Natalie Portman (che si è dedicata per sei mesi alla danza, circa cinque ore al giorno, prima delle riprese del film) che farà sentire un po’ tutti come la protagonista, riuscendo a recitare magistralmente una situazione interiore tanto delicata di una ragazza impaurita, ferma all’adolescenza ed intrappolata tra i suoi stessi incubi e sogni che comincia a scoprire il lato oscuro di sé stessa.
Il film a mio parere ci lascia molto su cui riflettere per quanto riguarda noi stessi: siamo il cigno bianco o quello nero? Ma soprattutto, in noi c’è il loro giusto equilibrio?

Lo sconsiglio alle persone delicate o facilmente impressionabili. Incoraggio invece chi non ha paura della psicologia e dei thriller. ;)

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